Come prendersi cura di sé e degli altri? Per il professore don Giovanni del Missier lo spiega il mito “Homo homini lupus”

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Ritratto del filosofo Thomas Hobbes

Ritratto del filosofo Thomas Hobbes

Se gli antichi greci contrapponevano all’uso sconsiderato della tecnica l’etica ed un uso protettivo della scienza, con l’avanzare del pensiero contemporaneo le cose sono cambiate in peggio con l’assioma “Homo homini lupus”.

Questa è un’espressione latina ripresa nel XVII secolo dal filosofo inglese Thomas Hobbes.

La frase è stata  richiamata dal professore di morale don Giovanni del Missier per analizzare e criticare l’atteggiamento contemporaneo dell’”efficientismo”, del contrattualismo e dell’egoismo.

In una società basata sull’egoismo, come quella in cui viviamo, ciò che non è utile è uno “scarto” da eliminare, combattere o stigmatizzare.

In una cultura che esalta il “self made man”, l’uomo fattosi da solo, l’anziano e tutto quanto è collegato alla fragilità umana è rinnegato e nascosto.

Un esempio è la moda della chirurgia estetica, usata per combattere il tempo, ma anche la sottovalutazione delle normali fasi della vita: come la vecchiaia, la malattia e, infine, la morte.

In un contesto simile bisogna andare controcorrente e valorizzare la fragilità e la vulnerabilità umana, tralasciando qualsiasi forma contrattualistica e di scambio.

Come insegna la Bibbia il comandamento che ci invita alla cura degli anziani, “onora il padre e la madre” è anche l’unico accompagnato da una benedizione volta al futuro: “affinché tu abbia una vita lunga e felice”.

Il prendersi cura, il mettere in pratica azioni di misericordia, è un investimento che si fa senza ricevere niente in cambio.

La misericordia si pratica solo con la speranza che il nostro comportamento sia utile alla felicità del prossimo, al realizzarsi di una vita personale e comune in assoluto migliore, tale che la nostra compassione ci ritorni un domani come compassione degli altri verso di noi.